mercoledì 31 agosto 2016

Rapporto rifiuti speciali 2014 - Veneto, non dormire sugli allori.

Recentemente, ricordavo qui, in un precendente Post, che Ispra ha  pubblicato il Rapporto 2015 (dati 2014) sulla gestione Rifiuti Speciali in Italia. Parimenti l'Arpa di ogni regione ha pubblicato specifico rapporto sul proprio territorio. Così anche Arpa Veneto, che ha divulgato il Rapporto sulla Produzione e Gestione Rifiuti Speciali in Veneto anno 2014
Dal rapporto emerge naturalmente un buon livello di capacità gestionale in ambito regionale, con alcuni aspetti da rimarcare e che richiedono una capacità pianificatoria per il futuro a medio lungo termine, per continuare a garantire adeguati standard operativi. Insomma mai dare per acquisito nulla, un modello che oggi funziona, per continuare a farlo deve essere costantemente migliorato.
Dal Rapporto emerge che nel 2014 sono stati gestite 13.685.662 tonn di rifiuti speciali, di cui 902.272 pericolosi, rilevando un -1% sul 2013. sostanzialmente stabili, quindi. I settori con maggior produzione sono la Costruzione e Demolizione (attvità di cava fa la parte del leone), ovviamente impianti di trattamento rifiuti e la metallurgia.
Il livello di export è di 3.600.000 , mentre l'import è di 4.300.000tonn, rispetto al 2013 osserviamo un ulteriore calo dell'export, e ormai stabilmente importiamo più di quanto esportiamo. Va detto, però, che per i pericolosi, l'export supera l'import, anche se in riduzione rispetto al 2013. I settori che più producono rifiuti speciali sono il settore da C&D, in cui ricade il settore cave, il settore del trattamento rifiuti e depurazione e poi le lavorazioni metalliche e l'autodemolizione.  L'import riguarda per lo più rifiuti metallici, per attività connesse al recupero metalli, mentre si rileva un export prevalente di plastica, carta e sovvalli, nel caso dei pericolosi predominano i rifiuti da processi chimici, trattamento acque e olii esausti. Se è vero che vi sono contrazioni dell'export, va detto che i dati di tale settore, ci devono comunque far riflettere. Il fatto che rifiuti semilavorati di plastica e carta viaggino verso l'estero, ha svariati effetti:
- perdiamo materiale utilizzabile come materia prima, che va rimpiazzato, purtroppo ciò riduce la disponibilità di materia da riciclo del nostro paese, ciò ci rende più dipendenti dall'estero, per talune materie, che avremmo in disponibilità qui.
I rifiuti da C&D sono stabili, indice anche del periodo di stasi del comparto, ma comunque in termini assoluti sempre preponderanti, segnale del peso che l'attività di cava ha nella nostra regione, nonostante da tempo si ritenga si debba andare verso un ridimensionamento/ottimizzazione del settore, visto i suoi impatti sul territorio. In particolare risulta insufficiente la capacità di recupero su base regionale degli inerti, che potrebbero sostituire, se recuperati, materia vergine in ambito edile/infrastrutturale, mentre vengono per lo più gestiti con discarica/export (la capacità di recupero in Veneto è meno di un terzo di quanto gestito).
Si osserva una difficoltà di gestire i rifiuti da processi chimici, pericolosi e non, sopratutto per assenza di idonea impiantistica, il che è anche dovuto alla demonizzazione degli impianti a ciò destinati, e quindi alla scarsa volontà politica in merito, la gestione e la movimentazione di tali rifiuti è costosa e, quindi, gestirle altrove comporta costi per tutto il sistema regionale.
Non parliamo poi dei processi di recupero energetico/termodistruzione, il recupero energetico è dato, non solo da processi di combustione, per esempio in cementifici, ma anche dell'uso di combustibile da rifiuto come nel caso della centrale Enel di Fusina (VE) o dall'uso di biogas e biomasse. Il settore segna un +1%, cioé è fermo, mentre il ricorso a discarica è cresciuto dell'11%, anche stavolta. Anche questo a mio avviso, si deve molto a carenze impiantistiche e scelte politico-istituzionali. Tra l'altro questo, spesso obbliga operatori a portare all'estero rifiuti per una loro gestione tramite recuper energetico, al fine di ridurre i propri costi (paradossalmente lo smaltimento in discarica in Veneto, per talune tipologie di rifiuto, è economicamente svantaggioso rispetto a una loro termovalorizzazione, che so, in Ungheria).
Si rileva poi come talune filiere di rifiuti dipendano, in termini di gestione, da impiantistiche ridotte, il che espone a una loro intrinseca debolezza, sopratutto in termini di prospettiva.
Il quadro è positivo per la riduzione della produzione di rifiuti, dovuta anche al cambio di normativa sulle terre e rocce da scavo, tendente a ridurre al minimo la loro gestione come rifiuti e alla riduzione di produzione dei terreni da bonifiche (elemento non positivo, poiché non indica che le bonifiche sono concluse, ma semplicemente che non si stanno facendo - vedi per esempio, il caso eclatante del Vallone Moranzani, per citarne uno),  e per l'incremento complessivo di quanto avviato a recupero tra materia e energia e la riduzione dell'export (che bisogna, però, ascrivere in parte anche a una riduzione della produzione industriale, per crisi della stessa, più che per ottimizzazione).
Desta preoccupazione l'incremento del ricorso a discarica, per i costi e perché indice di una certa incacità tecnica di gestioni diverse, così come il dato dei flussi di export dei pericolosi.
Sostanzialmente il quadro veneto è migliore che altrove, ma denuncia una certa asfissia, è necessario un rilancio dei cicli impiantistici, innovazione tecnologica e visione industriale del tema rifiuti, capacità di socializzare il tema e lungimiranza istituzionale.
Questioni che vanno affrontate prima che le fragilità del sistema si possano manifestare in tutta la loro evidenza.

Nessun commento:

Posta un commento